Forum per i docenti di latino

proposte didattiche per i docenti del triennio

proposte didattiche per i docenti del triennio

di Marzia Freni -
Numero di risposte: 4

E' la prima volta che entro nel forum e vorrei iniziare informandovi della mia posizione: insegno in un liceo linguistico in cui abbiamo attuato una forma di sperimentazione di lingua e letteratura latina in terza e in quarta liceo. Naturalmente in quinta non è stato possibile continuare con le due ore di latino settimanali perché la riforma Gelmini ha eliminato l'insegnamento del latino nel triennio del liceo linguistico e dunque, poiché la disciplina non può essere verificata all'esame di stato, abbiamo deciso di non offrirla agli studenti nell'ultimo anno.

In particolare io insegno in una terza e una quarta linguistico ed il lavoro che noi svolgiamo è centrato prevalentemente sullo sviluppo della letteratura e sugli autori, dei quali traduciamo con gli studenti dei passi scelti. Per questo motivo, non insegnando cioè latino nel biennio, mi sento un po' ai margini della vostra discussione.

Innanzi tutto la mia domanda è: c'è qualcuno che si trova nella mia situazione, con cui eventualmente provare a riflettere  su proposte didattiche comuni?


In riposta a Marzia Freni

Re: proposte didattiche per i docenti del triennio

di Barbara Garofani -
Anche io insegno nel triennio. In un liceo scientifico. Quest'anno ho due quinte e una quarta. Da noi è prevista lingua fino in quinta. Mi piacerebbe pensare a un percorso di lingua e letteratura su un tema di carattere scientifico da svolgere con i ragazzi dopo Natale.


In riposta a Barbara Garofani

Re: proposte didattiche per i docenti del triennio

di Marcella Guglielmo -

...allora provo a inserire di seguito una proposta di lavoro, che potrebbe presupporre una collaborazione con il collega di scienze (N.B.la formattazione del colore del carattere è assolutamente involontaria, compare solo incollando qui il testo!) :

Una proposta di lavoro: inquinamento da piombo

 

Storico, scienziato, grammatico, studioso infaticabile, Plinio il Vecchio viene generalmente trascurato in nome di una programmazione annuale che, di fronte a tempi sempre più stretti, finisce per dover privilegiare gli autori “canonici”. La ricchezza della sua opera potrebbe essere sfruttata però per approfondimenti circoscritti che coinvolgano gli studenti con tematiche legate ad alcuni aspetti della realtà quotidiana di Roma antica, possibilmente con qualche aggancio al presente.

Tra i molti spunti offerti si potrebbe scegliere la questione tanto dibattuta dell’avvelenamento da piombo.

Affronterei il tema in modo per nulla frontale: dopo una breve introduzione, fornirei i testi che di seguito citerò con traduzione a fronte in modo che siano gli studenti a impostare e approfondire il problema nella forma di saggio breve, chiedendo loro di approfondire la questione con materiale trovato in rete.

Di seguito un canocaccio.

Sappiamo che il piombo era molto sfruttato a Roma, tanto da essere chiamato “metallo romano”, ma la posizione dei Romani riguardo il suo impiego risulta ambiguo.

Ampiamente disponibile a un prezzo conveniente, malleabile, resistente alla corrosione, con una densità e una pesantezza tali da renderlo molto versatile, il piombo era utilizzato per tesserae, urne, giocattoli, cosmetici, lavagne, a scopi militari per proiettili e pesi, fistulae plumbeae  erano usate in tutto l’impero e anche in medicina il piombo fuso era considerato astringente e cicatrizzante. Si legge infatti, ad esempio nella Naturalis historia, XXXIV, 166: In medicina per se plumbi usus cicatrices reprimere adalligatisque lumborum et renium parti lamnis frigidiore natura inhibere inpetus veneris visaque in quiete veneria sponte naturae erumpentia usque in genus morbi. his lamnis Calvus orator cohibuisse se traditur viresque corporis studiorum labori custodisse. Nero, quoniam ita placuit diis, princeps, lamna pectori inposita sub ea cantica exclamans alendis vocibus demonstravit rationem.

Non mancavano però anche segnali d’allarme circa la sua pericolosità: Vitruvio scriveva che l’acqua che scorreva nelle condutture di argilla era più sana di quella che scorreva nelle fistulae di piombo poiché la biacca che ne derivava era pericolosa per l’uomo:

de architectura VIII,6,10-11:

Habent autem tubulorum ductiones ea commoda. Primum in opere quod si quod vitium factum fuerit, quilibet id potest reficere. Etiamque multo salubrior est ex tubulis aqua quam per fistulas, quod per plumbum videtur esse ideo vitiosum, quod ex eo cerussa nascitur; haec autem dicitur esse nocens corporibus humanis. Ita quod ex eo procreatur, <si> id est vitiosum, non est dubium, quin ipsum quoque non sit salubre. 11. Exemplar autem ab artificibus plumbariis possumus accipere, quod palloribus occupatos habent corporis colores. Namque cum fundendo plumbum flatur, vapor ex eo insidens corporis artus et inde exurens eripit ex membris eorum sanguinis virtutes. Itaque minime fistulis plumbeis aqua duci videtur, si volumus eam habere salubrem. Saporemque meliorem ex tubulis esse cotidianus potest indicare victus, quod omnes, et structas cum habeant vasorum argenteorum mensas, tamen propter saporis integritatem fictilibus utuntur.

 

Ovviamente solo oggi siamo in grado di renderci conto realmente della gravità di questi segnali di allarme.

Nel libro XIV Plinio, però, trattando della vite e del vino, toccava anche gli aspetti negativi della produzione del vino e scriveva che i correttivi più diffusi per migliorare il gusto di vini di scarso valore erano il defrutum e la sapa, entrambi cotti lungamente in recipienti di piombo, i cui sali erano assai nocivi: super omnia addi maturescente iam vino iubet mustum, quod ille tortivum appellat, nos intellegimus novissime expressum. Et addi scimus tinguendi gratia colores, ut pigmentum aliquod vini, atque ita pinguius fieri. Tot veneficiis placere cogitur, et miramur noxium esse! In vitium inclinantis experimentum st lamnae plumbeae mutatus in eo colos (XIV, 130).

In realtà i Romani non si rendevano del tutto conto di quanto il vino così trattato fosse velenoso, e infatti non davano ascolto ai moniti dei medici che, a quanto lo stesso Marziale ci dice, consigliavano di non eccedere nell’assunzione di vino (VI,78):

Potor nobilis, Aule, lumine uno

luscus Phryx erat alteroque lippus.

Huic Heras medicus "Bibas caveto:

vinum si biberis, nihil videbis."

Ridens Phryx oculo "Valebis" inquit.

Misceri sibi protinus deunces,

sed crebros iubet. Exitum requiris?

Vinum Phryx, oculus bibit venenum.

 

Lo stesso Columella, che consigliava di non mescolare niente che potesse alterare il sapore del vino, aggiungeva poi che i vasi in cui su cuocevano la sapa o il vino cotto dovevano essere di piombo piuttosto che di bronzo, perché quelli di bronzo durante la cottura formavano ruggine che alterava il sapore del vino

de re rustica XII, 19-20:

Caput XIX. DE CONDITURIS VINI. Cura quoque adhibenda est, ut expressum mustum perenne sit aut certe usque ad venditionem durabile, quod quemadmodum fieri debeat et quibus condituris adiuvari, deinceps subiciemus.

QUEMADMODUM COQUATUR SAPA. Quidam partem quartam eius musti, quod in vasa plumbea coniecerunt, nonnulli tertiam decoquunt; nec dubium quin, ad dimidiam si quis excoxerit, meliorem sapam facturus sit eoque usibus utiliorem, adeo quidem, ut etiam vice defruti sapa mustum, quod est ex veteribus vineis, condire possit.

DEFRUTI COCTURA. Quaecumque vini nota sine condimento valet perennare, optimam esse eam censemus, nec omnino quidquam permiscendum, quo naturalis sapor eius infuscetur. Id enim praestantissimum est, quod suapte natura placere potuerit. Ceterum cum aut regionis vitio aut novellarum vinearum mustum laboravit, eligenda erit pars vineae, si est facultas, Amineae, si minus, quam bellissimi vini, quaeque erit et vetustissima et minime uliginosa. Tum observabimus decrescentem lunam, cum est sub terra, et sereno siccoque die uvas quam maturissimas legimus, quibus proculcatis mustum, quod defluxerit, antequam prelo pes eximatur, satis de lacu in vasa defrutaria conferemus, lenique primum igne et tenuibus admodum lignis, quae gremia rustici appellant, fornacem incendemus, ut ex commodo mustum ferveat. Isque, qui praeerit huic decoquendo, cola iuncea vel spartea ex crudo, id est non malleato, sparto praeparata habeat, itemque fasciculos faeniculi fustibus inligatos, quos possit utique ad fundum vasorum demittere, ut quicquid faecis subsederit exagitet et in summum reducat, tum colis omnem spurcitiam, quae redundarit, expurget, nec absistat id facere, donec videbitur eliquatum omni faece mustum carere; tum sive mala cydonea, quae percocta sublaturus sit, seu quoscumque voluerit convenientis odores adiciat, et nihilominus subinde faeniculo peragitet, ne quid subsederit, quod possit plumbeum perforare. Cum deinde iam acriorem potuerit ignem vas sustinere, id est, cum aliqua parte iam mustum excoctum in se fervebit, tum codices et vastiora ligna subiciantur sed ita, ne fundum contingant; quod nisi vitatum fuerit, saepe vas ipsum [quod aliquando contingit] pertundetur; vel, si id factum non erit, utique aduretur mustum et, amaritudine concepta, condituris fiet inutile. Oportebit autem, antequam mustum in vasa defrutaria coiciatur, oleo bono plumbea intrinsecus inbui, bene fricari atque ita mustum adici. Ea res non patitur defrutum aduri.

 

Questo perché non si sapeva che durante la cottura parti di piombo si scioglievano nel mosto bollito. Qualche voce si levava, descrivendo sintomi nervosi degli eccessi della tavola e del vino, ma l’impostazione moralistica degli stessi di certo avrà distolto l’attenzione:

Un esempio: Seneca, epist. 95,16-18:

Medicina quondam paucarum fuit scientia herbarum quibus sisteretur fluens sanguis, vulnera coirent; paulatim deinde in hanc pervenit tam multiplicem varietatem. Nec est mirum tunc illam minus negotii habuisse firmis adhuc solidisque corporibus et facili cibo nec per artem voluptatemque corrupto: qui postquam coepit non ad tollendam sed ad inritandam famem quaeri et inventae sunt mille conditurae quibus aviditas excitaretur, quae desiderantibus alimenta erant onera sunt plenis. 16. Inde pallor et nervorum vino madentium tremor et miserabilior ex cruditatibus quam ex fame macies; inde incerti labantium pedes et semper qualis in ipsa ebrietate titubatio; inde in totam cutem umor admissus distentusque venter dum male adsuescit plus capere quam poterat; inde suffusio luridae bilis et decolor vultus tabesque in se putrescentium et retorridi digiti articulis obrigescentibus nervorumque sine sensu iacentium torpor aut palpitatio [corporum] sine intermissione vibrantium. 17. Quid capitis vertigines dicam? quid oculorum auriumque tormenta et cerebri exaestuantis verminationes et omnia per quae exoneramur internis ulceribus adfecta? Innumerabilia praeterea febrium genera, aliarum impetu saevientium, aliarum tenui peste repentium, aliarum cum horrore et multa membrorum quassatione venientium? 18. Quid alios referam innumerabiles morbos, supplicia luxuriae? Immunes erant ab istis malis qui nondum se delicis solverant, qui sibi imperabant, sibi ministrabant. Corpora opere ac vero labore durabant, aut cursu defatigati aut venatu aut tellure versanda; excipiebat illos cibus qui nisi esurientibus placere non posset. Itaque nihil opus erat tam magna medicorum supellectile nec tot ferramentis atque puxidibus. Simplex erat ex causa simplici valetudo: multos morbos multa fericula fecerunt.

Del resto lo studio di Jerome O.Nriagu (Lead and lead poisoning in antiquity, John Wiley & Sons 1983), che ha cercato di accertare le quantità di piombo che i romani assumevano quotidianamente attraverso gli alimenti, fa concludere che i valori medi ingeriti ogni giorno da chi apparteneva a un ceto elevato fosse almeno 6 volte superiore al limite di 43 microgrammi considerato dall’Organizzazione mondiale della sanità come ancora tollerabile. Anche in questa prospettiva in rete si possono trovare molte informazioni.

Sarà un’occasione anche per lavorare insieme sull’attendibilità delle fonti.





In riposta a Marcella Guglielmo

Re: proposte didattiche per i docenti del triennio

di Barbara Garofani -

Mi sembra una proposta interessante che tra l'altro ben si collega con gli autori che sto affrontando in letteratura...

Grazie!

In riposta a Marcella Guglielmo

Re: proposte didattiche per i docenti del triennio

di Barbara Garofani -

Mi sembra una proposta interessante che tra l'altro ben si collega con gli autori che sto affrontando in letteratura...

Grazie!